Teseo
«Sette fanciulle dovevamo a quel mostro,
e sette
fanciulli, ancora, il tributo nostro.
Questo ad Atene
aveva imposto Minosse,
io mi adoperai perché tutto ciò non fosse.
Salpai col mio
equipaggio alla volta di Creta,
dentro di me la
speranza e una fede concreta.
La vela nera
sulla nave era stata montata,
se avessi vinto,
quella bianca avrei issata.
Uscir dal labirinto
era una vera scommessa.
Ingannai
Arianna, facendole una promessa;
lei, per amore,
mostrò molta disponibilità
tenendomi bene il filo
dall'altra estremità.
Uccisi il Minotauro, entrato nel labirinto;
ne uscii fuori
tenendomi a quel filo avvinto.
Nell'isola di
Nasso, poi abbandonai Arianna,
irati, gli dei decretarono
la mia condanna.
Lasciai la vela
nera, per uno oblio strano;
Egeo, mio
padre, questa vide da lontano,
pensando che avessi
fallito nella missione,
afflitto, si gettò in
mare, per disperazione.
Da allora quel
mare: Egeo si chiamerà .
Se una persona
qualcuno abbandonerà,
come ho fatto io
con Arianna a Nasso,
per un errore si
dirà: piantare in asso.
Divenni re per
discendenza paterna,
feci di Atene una
città-stato moderna;
realizzai il sinecismo e
la democrazia,
abolendo i privilegi
dell'aristocrazia.
Sconfissi
uomini e demoni in combattimento,
nulla potei fare, però, contro il tradimento:
mi uccisero
gettandomi da una scogliera,
mentre un usurpatore
nel mio regno c'era.»
(Pino Bullara)