Apollo e Artemide
«Figli di Zeus e della titanide
Leto siamo.
Feretra, arco e frecce con noi portiamo.
Del sole, io Apollo sono il
conducente,
ed io Artemide sono la luna crescente»
«Io Apollo ricevetti in dono,
appena nato,
una lira, un cocchio da cigni trainato
e un diadema d’oro da Zeus, mio padre.
Tutto l’affetto ho ricevuto da mia madre.
Ero litigioso, collerico e pure
vendicativo.
con le mie frecce le offese ricevute punivo.
Litigavo con tutti, perfino
con mio padre.
E uccisi per salvar l’onore
di mia madre.
Soppressi senza pietà Pitone, vile serpente,
che insediava mia madre continuamente.
Tante sciagure col mio arco ho provocato:
ai Greci, un dì, una pestilenza ho inviato.
Fui inventore della cetra e
son vaticinatore.
Della musica e della poesia
son protettore,
Amo la vita agro-pastorale, e
non a caso,
sono ritratto con le nove muse nel Parnaso.»
«Io sono Artemide, la vergine
cacciatrice,
son intraprendente, coraggiosa, vendicatrice.
Con la mia cerva per boschi
vado a cacciare,
o me ne sto con le mie ninfe a sollazzare.
Con mio fratello condivisi
tante avventure.
Uccidemmo Tizio e i figli a Niobe pure,
che nostra madre avevano offeso e umiliato.
Ma anche da sola tante morti ho provocato.
Ad Agamennone inflissi un
lutto fatale:
pretesi sua figlia come vittima sacrificale.
Però siamo anche dèi generosi e potenti,
disposti ad aiutare i devoti sofferenti.»