Ulisse
(Odisseo)
“Di Laerte e Anticlea fui loro discendente;
sposo di Penelope, di Telemaco genitore;
di Itaca ero l'amato re, stimato dalla gente.
Del famoso cavallo di Troia fui l'ideatore.
Partii alla volta d'Ilio, per senso del dovere.
Lasciai la mia sposa sola con un pargoletto.
Dopo dieci anni di lotte, Troia vidi cadere;
ma il ritorno, per altri dieci, mi fu interdetto.
Per lungo e in largo per
mare peregrinai;
ninfe, dei ed esseri strani ho conosciuto;
sentii le sirene cantare, Polifemo accecai;
prima da Circe, poi da Calipso ero tenuto.
Nel regno di Ade vivo mi recai e ritornai.
A Scilla e Cariddi persi il mio equipaggio;
poi tutto solo nell'isola dei Feaci arrivai,
di portarmi ad Itaca, il re mi fece omaggio.
Ritornai nella mia terra, segretamente,
ma i più cari mi riconobbero all'istante.
Col loro aiuto eliminai i proci, finalmente,
di Itaca, tornai ancora ad essere regnante.
Penelope la mia identità volle provare,
proponendo di spostare il nostro letto;
un grosso tronco, dissi, andai a cesellare,
in torno, poi, vi costruii le mura e il tetto.
Ripartii, ancora, in cerca di mondi sconosciuti,
perché, come dirà il gran poeta di Fiorenza:
“Nati non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e conoscenza”.
(Pino Bullara)
Mitologia
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