Efèsto
"Diciamo francamente tutta quanta la
verità:
di certo la bellezza non era la mia
qualità!
Hera, mia madre, vedendomi così brutto,
pare
che mi abbia scaraventato dall'Olimpo in mare.
Eurinome e Tetide, però, mi hanno salvato
e con amore e con cura mi hanno allevato.
Vissi nove anni in una grotta marina con loro,
e lì cominciai a forgiare ferro, argento
e oro.
Un giorno, costruii un trono d'oro particolare,
e per vendetta, a mia madre lo volli donare;
appena
lei si sedette su quel trono stregato,
il suo corpo restò di colpo ad esso
attaccato.
Dioniso, infine, mi convinse a perdonarla:
tornai, su un asino, sull'Olimpo a liberarla.
Da Zeus, poi, dall'Olimpo venni scaraventato:
in una disputa tra Hera e lui mi ero impicciato.
Ma i Sinzi nell'isola di Lemno mi rianimarono,
dopo avermi raccolto, con amore mi curarono.
A sistemare la gamba, però, non ci fu
maniera,
così, alla fine, rimasi zoppo per la vita
intera.
Con gli altri dei partecipai alla gigantomachia,
Mima, un gigante, fu ucciso per mano mia.
Sposai Afrodite, la più bella fra tutte le
divinità,
ma fu una moglie infedele e piena di
vanità.
A forgiare i metalli, Cedàlio mi diede
conoscenza
in ciò divenni un genio e non temevo
concorrenza.
A Lemno e sotto ogni vulcano avevo l'officina,
Vulcano fu, infatti, la mia denominazione
latina.
Per gli dči, costruii sull'Olimpo la loro
magione,
e poi, l'egida di Zeus, il tridente di
Poseidone,
gli archi e le frecce per Apollo e per Artemide,
il carro di Elio e le armature del figlio di
Tetide;
le armi per Ares e i fulmini per Zeus forgiavo,
Dedalo e Talo, di sicuro, in bravura superavo.
Ma l'opera di cui vado molto fiero, certamente,
fu Pandora, che Zeus poi mutò in essere
vivente."
(Pino Bullara)