Hermes
«Porto il pètaso al capo, ai piedi i talari.
in mano il caducèo, dagli incastri vari.*
La dea pleiade Maya era mia madre,
il grande Zeus
olimpo fu mio padre.
Come Hermes dai Greci ero adorato;
Mercurio dai
Romani venivo chiamato.
Araldo di Zeus, ebbi
incarichi speciali;
fui pure messaggero degli dei infernali
Ero il dio dei pastori, dei
commercianti,
degli oratori, dei ginnasti, dei viandanti.
Ma fui anche il protettore
dei ladri, dato
che anch’io ero stato ladro da neonato.
Ad Apollo avevo rubato degli armenti,
e non avevo messo ancora i primi denti.
Scoperto, con mio fratello
feci la pace,
donandogli la lira, fatta con un carapace
d’una tartaruga che prima avevo trovato.
Successivamente il flauto ho inventato,
che nuovamente ad Apollo in dono detti,
ed in cambio, il caducèo d’oro ricevetti.»
Un giorno Zeus si trasformò
da Anfitrione,
per sedurne la moglie Alcmena. In occasione,
io divenni il servo Sosia;
da quell’istante,
quel nome significò: persona somigliante.»
(Pino Bullara)
*“Pètaso”= tipico cappello di Mercurio:
alato, a punta e a larghe tese.
“Talàri”= sandali
alati.
“Caducèo”=
verga d’oro.
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